Bruxelles – In Germania si torna a parlare di leva obbligatoria. Questa, perlomeno, la ricetta preferita di alcuni esponenti cristiano-democratici per dare nuova linfa alla Bundeswehr, l’esercito tedesco in declino da decenni che il cancelliere Friedrich Merz ha detto di voler rendere il più potente d’Europa. Ma ci sono carenze strutturali su cui il governo di Berlino dovrà intervenire, ammesso che i partner di coalizione riescano a mettersi d’accordo sul piano politico.
La “svolta epocale” (Zeitenwende) annunciata da Friedrich Merz sulla difesa – per fare della Germania la prima potenza militare continentale – dovrà passare anche, forse, per la coscrizione forzata dei giovani tedeschi. Finora, sono state discusse unicamente misure di carattere volontario per ingrossare le fila dell’esercito, che conta oggi circa 181.500 soldati.

Ma tali interventi non hanno sortito l’effetto desiderato, anzi: invece di aumentare, il numero degli effettivi nelle forze armate sta diminuendo. Così, diversi esponenti conservatori starebbero considerando con sempre maggiore serietà la reintroduzione della leva obbligatoria, abolita nel 2011 durante il cancellierato di Angela Merkel.
Per Thomas Erndl, capodelegazione della Cdu alla commissione parlamentare per la Difesa, “sarà necessario introdurre elementi obbligatori” nell’arruolamento della Bundeswehr nel caso in cui il fabbisogno dell’esercito “non possa essere soddisfatto attraverso un modello puramente volontario”, soprattutto alla luce dei nuovi obiettivi che stanno per essere concordati in ambito Nato (il vertice dell’Aia del 24-25 giugno dovrebbe dare il disco verde all’aumento delle spese militari fino al 5 per cento del Pil).
Il problema di fondo è che le forze armate tedesche godono di pessima salute. Per ragioni storiche e culturali, la difesa non è mai stata una priorità dei cancellieri dal Dopoguerra, e dunque la Bundeswehr sconta oggi una cronica carenza di investimenti che rendono la Germania un gigante economico coi piedi d’argilla sul campo strategico.

Ma il nodo politico potrebbe essere complicato da sciogliere. Per ora, considerazioni di questo tipo stanno circolando principalmente tra i cristiano-democratici. L’altro partner della “grande coalizione” al potere a Berlino, l’Spd, sta mostrando maggiore freddezza sul tema. Il contratto di governo tra conservatori e socialdemocratici dice solo che il nuovo modello del servizio militare nazionale sarà “inizialmente” volontario, una formulazione vaga che lascia spazio a interpretazioni diverse.
Il ministro della Difesa, Boris Pistorius, pare aver tracciato la linea dell’Spd: la Bundeswehr è sotto-dimensionata e ha bisogno di una robusta iniezione di nuovo personale, ma nelle sue condizioni attuali non sarebbe nemmeno in grado di assorbire nuovi coscritti. Prima ancora della leva obbligatoria, si ragiona in casa socialdemocratica, vanno aumentate le “capacità” logistiche per sostenere un’espansione dell’organico nelle forze armate. Servono più alloggi, caserme più attrezzate, strutture adeguate.
Finché non si raggiungerà un livello soddisfacente di preparazione infrastrutturale, insomma, lo schema di arruolamento dovrà rimanere su base volontaria. Diverse voci all’interno dell’Spd vorrebbero rendere il servizio militare talmente “attraente” da richiamare coscritti in gran numero senza bisogno di tornare alla leva obbligatoria. Resta da vedere come.

Fino a qui, conservatori e socialdemocratici sono sembrati in sintonia sulla necessità di riportare Berlino tra i big del Vecchio continente in ambito strategico insieme a Parigi (con la quale Merz intende rinsaldare la cooperazione sulla difesa), Londra e Varsavia (che vuole dotarsi di un arsenale nucleare come deterrente contro l’aggressività russa). Recentemente, la Bundeswehr ha stanziato una brigata corazzata in Lituania, segnando il primo impiego permanente di truppe tedesche all’estero dal 1945.
Nella direzione di una rinascita della Germania come potenza militare vanno anche importanti decisioni economiche, come la sospensione del vincolo costituzionale all’indebitamento (Schuldenbremse) e l’attivazione della clausola di salvaguardia del Patto di stabilità nel quadro del piano ReArm Europe varato dall’esecutivo comunitario.