Bruxelles – Dopo nemmeno un anno in carica, il governo dei Paesi Bassi è andato a sbattere. Il leader dell’ultradestra Geert Wilders ha staccato la spina all’instabile coalizione conservatrice, criticando gli ormai ex partner dell’esecutivo per non aver appoggiato la sua linea dura sull’immigrazione. Il piccolo Stato costiero ripiomba così nel caos politico a poche settimane dall’importante vertice Nato del 24-25 giugno all’Aia, mentre incombe l’incognita di nuove elezioni anticipate.
Citando disaccordi sulle politiche migratorie da adottare, il leader dell’ultradestra anti-Islam ed euroscettica Geert Wilders ha annunciato stamattina (3 giugno) la fuoriuscita del suo Partito per la libertà (Pvv) dall’esecutivo di coalizione che dalla primavera del 2024 guidava i Paesi Bassi, accendendo la miccia della crisi di governo, la seconda in tre anni.
Poche ore dopo, il primo ministro Dick Schoof ha dichiarato che rassegnerà in giornata le dimissioni nelle mani del re Willem-Alexander, rimanendo in carica per gestire gli affari correnti finché non giurerà un nuovo esecutivo. Dopo 11 mesi si chiude così la parentesi da premier dell’ex capo dell’intelligence, iniziata lo scorso luglio dopo travagliati negoziati di coalizione seguiti al folgorante successo della destra radicale alle elezioni del novembre 2023.

Nel governo più a destra di sempre sedevano, oltre al Pvv di Wilders (attualmente la principale forza politica alla Tweede Kamer, il ramo basso del legislativo bicamerale olandese, con 37 deputati su 150), i liberal-conservatori del Vvd (il partito dell’ex premier Mark Rutte), l’Nsc di centro-destra e i populisti agrari del Bbb.
La fuga in avanti di Wilders apre la porta alle seconde elezioni anticipate in due anni (da celebrarsi probabilmente in autunno), dato che non pare esserci una maggioranza parlamentare alternativa a quella appena andata in frantumi. Attualmente i sondaggi parlano di un sostanziale testa a testa tra tre formazioni: il Pvv, dato in forte calo, il Vvd, in crescita, e l’alleanza tra ambientalisti e socialdemocratici (GL/PvdA) guidata dall’ex commissario europeo Frans Timmermans.
Gli altri partiti dell’esecutivo hanno criticato aspramente la mossa di Wilders, bollandola come irresponsabile ed egoista, motivata meramente da calcoli elettorali. Ma non si è trattato di un fulmine a ciel sereno. L’enfant terrible dell’estrema destra neerlandese aveva già minacciato più volte, negli ultimi mesi, di far saltare il banco se la coalizione non avesse assecondato la sua linea dura in materia di contrasto all’immigrazione, sulla quale il 61enne ha costruito la sua intera carriera politica.

Proprio ieri, aveva presentato un piano in 10 punti per una stretta sull’immigrazione irregolare, lanciando un ultimatum agli altri tre membri dell’esecutivo: “Se non succede nulla, o non succede abbastanza, noi usciamo”, aveva ammonito. Detto, fatto. “Il Pvv ha promesso agli elettori la politica di asilo più severa mai vista” e non “la rovina dei Paesi Bassi”, ha rivendicato parlando ai giornalisti al termine dell’ennesima riunione di emergenza del gabinetto, tenutasi stamattina per tentare inutilmente di disinnescare la crisi.
Wilders chiedeva di fatto una sospensione totale del sistema d’asilo nazionale, inclusi una pausa temporanea dei ricongiungimenti familiari per i rifugiati, il rimpatrio di tutti i cittadini siriani, la chiusura dei centri di accoglienza esistenti e la militarizzazione dei confini terrestri.
Il crollo del governo ad Amsterdam deflagra come una bomba ad orologeria a sole tre settimane dal summit della Nato in calendario per il 24 e 25 giugno all’Aia. In quell’occasione i leader degli Stati membri dell’Alleanza dovrebbero concordare i nuovi obiettivi di spese militari in proporzione al Pil nazionale, che saranno sostanzialmente più alti rispetto al 2 per cento attuale. Si parla di almeno il 3,5 per cento per il bilancio per la difesa, cui potrebbe aggiungersi un ulteriore 1,5 per cento per le opere infrastrutturali di valore strategico.