Bruxelles – Cambio di mentalità e cambio di regole. Che sia politica o normativa, la cultura europea in materia di investimenti va riscritta, e il modo migliore per farlo è superare le frammentazioni tuttora esistenti e figlie di un’Europa confederale. A chiedere “un testo unico” europeo su capitali e investimenti finanziari sono gli operatori del settore, in occasione dell’evento Connact Finance & Insurance dal titolo “Il piano Ue per investire i risparmi degli europei nelle aziende europee”.
In questo momento l’Ue sconta l’assenza di un ambiente davvero favorevole per gli addetti del settore, denuncia Maria Luisa Gota, amministratrice delegata e Direttrice Generale di Eurizon e responsabile Divisione Asset Management di Intesa Sanpaolo. Si sofferma sulla figura dell’asset manager, il professionista finanziario che gestisce denaro e titoli per conto di uno o più clienti, con l’obiettivo di aumentarne il valore. “Se si guarda ai valori di scala – sottolinea – sui primi 20 asset manager al mondo 14 sono degli Stati Uniti, che gestiscono l’80 per cento” delle operazioni. Quindi “creare un campione europeo potrebbe essere una buona idea” per un’Europa più competitiva. Ma serve un mercato europeo che non c’è e che rischia di non esserci.

L’Ue sconta un andamento demografico che vede un invecchiamento generalizzato. Già adesso, però, “chi va in pensione percepisce il 60 per cento dell’ultimo stipendio”, avverte Gota, quindi i risparmi da intercettare investire laddove serve innovazione e competitività europee sono pochi. Serve “l’accesso alla previdenza complementare, su asset class più rischiosi ma più remunerativi, e qui “l’Ue non ha competenza, ma può dare raccomandazioni”. Per tutto questo Gota ha un suggerimento per i co-legislatori europei: “Il regolamento è più utile della direttiva, perché evita che ci siano troppi modi diversi” di affrontare la sfida.
Analoga la posizione di Marcello Bianchi, Vicedirettore generale Assonime: occorre “adottare un vero corpo unitario di regole” che superi l’attuale conformazione dell’Ue contraddistinta da “moltitudini di singole normative” che non aiuta a creare una cultura di investimenti. “Bisogna uniformare in un testo unico le norme sul mercato dei capitali, possibilmente con un regolamento“. Bianchi mette a confronto mercato unico con quello statunitense, per mettere in evidenza come i conti non tornino. “Da noi gli investitori investono il 15 per cento del loro totale in Europa, quindi il 85 per cento viene investito all’estero. Negli Stati Uniti il 75 per cento viene investito negli Usa”. Questo vuol dire che “gli investitori europei vanno convinti, ma va creato un mercato dei capitali”.

Per il vicedirettore generale di Assonime “gli incentivi non bastano, bisogna far crescere tutto un sistema”, e questi implica una riforma vera. Bianchi un’idea ce l’ha, e la offre al pubblico e alla classe poltica europea: “L’Esma deve diventare la Sec europea se vogliamo che il mercato dei capitali diventi davvero integrato”. Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati come l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza delle borse valori: uno scenario che per gli addetti ai lavori va considerato.
La richiesta di più Europa giunge anche da Fabio Marchetti, Head of Public Affairs and Regulatory Advocacy di Assicurazioni Generali: “La frammentazione normativa e di vigilanza non ci porta da nessuna parte“. Di conseguenza, servono “regole chiare e armonizzate“. Solo così si può pensare di svegliare i 10mila miliardi di euro di risparmi privati fermi sui conti correnti, a cui si guarda per finanziare ciò che può permettere all’Ue di essere competitiva. Vista una diversa propensione al rischio, per Marchetti, “dobbiamo guardare a strumenti di risparmio più a lungo termine con rischi minori per iniziare a investire”. Richieste, quelle del rappresentante di Generali, in linea con le raccomandazioni della Bce.
In questa necessità di nuovi strumenti di investimento, allora, “i politici europei dovrebbero ridefinire la nostra tolleranza di rischio“, suggerisce Ignace Gustave Bikoula, responsabile dell’ufficio di Bruxelles e del Servizio affari normativi e rapporti con l’Ue di Federcasse. “Veniamo da 15 anni di regolamentazione improntata al rischio zero per banche, intermediari e investitori. Il mondo è cambiato, e va ridefinito il nostro futuro e per questo servono investimenti”. Perché questa sottolineatura? Perché, spiega, “per investire serve un livello di rischio calcolato”. Quindi un suggerimento: le attuali regole europee definiscono quali sono gli strumenti finanziari, “omettendo il credito, strumento molto diffuso”. Per questo, sottolinea Bikoula, “riteniamo che possa esistere un credito come strumento finanziario”.